Incontro con Franco Brussino, Gian Luca Franchino ed Elio Moschetti

<p style="text-align: justify;"><strong>Mirko Balocco ed io ci siamo recati a Torino proprio nella sede della Ananke per incontrare Carlo Ruo Redda, fondatore e titolare di questa bella realtà e tre studiosi ed egittofili, autori di interessanti e importanti libri. In rigoroso ordine alfabetico: Franco Brussino, Gian Luca Franchino ed Elio Moschetti.<br /> Cominciamo chiedendo a Carlo come è nata questa esperienza editoriale, poiché decidere di pubblicare libri specialmente non divulgativi sull’Antico Egitto non è semplice, e come è riuscito a coinvolgere gli autori che oggi sono con noi.</strong><br /> Quando nel 1995 è stata fondata l’Ananke, fra i quattro soci fondatori c’era Alfredo Luvino, che è un egittologo, e venne quindi naturale inserire l’egittologia fra gli argomenti che volevamo trattare.<br /> Poi accadde un paradosso: a parte il libro “il dono del Nilo”, abbiamo cominciato a pubblicare libri su questo argomento (oggi sono quasi 50 titoli n.d.r.) dopo che Alfredo ha abbandonato la casa editrice, ed è anche logico che ciò accadesse in quanto è molto facile che quando l’editore stesso è un esperto nel campo si possano creare conflittualità con gli autori che non sempre hanno le medesime opinioni di chi li pubblica. Un po’ alla volta abbiamo provato a coinvolgere altre persone anche conosciute in modo del tutto casuale; il punto di partenza è stato senz’altro Mario Tosi, è stato lui insieme a Elio Moschetti ad aprire la strada, diciamo che è stato il maestro che i discepoli hanno seguito.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>Ma a parte questo aspetto diciamo commerciale, vi era già nel tuo Dna qualche cosa che ti legava all’Egitto?</strong><br /> Ho conosciuto Alfredo Luvino ad un corso di Egittologia organizzato dall’Università Popolare, avevo deciso di seguirlo per approfondire alcuni argomenti che mi interessavano, a conclusione di un viaggio in Egitto. Da lì abbiamo cominciato a confrontarci, a discutere, e conseguentemente siamo diventati amici ed è nato il progetto della casa editrice.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>È giunto il momento di dare la parola agli altri ospiti, e simpaticamente Elio Moschetti rivendica il diritto di precedenza non solo per l’età, ma perché è lui che ha fatto conoscere Mario Tosi a Carlo Ruo Redda. Ovviamente la prima domanda, che verrà fatta anche agli altri, viene spontanea: quando nasce l’amore per l’Egitto?</strong><br /> Il mio amore per l’Egitto è antichissimo, risale ai tempi dell’Università. A causa però del mio lavoro non potevo approfondire le mie conoscenze come avrei voluto, leggevo senza perdere il contatto con gli aspetti generali ma, come ti sarai reso conto anche tu, lo studio di questa civiltà richiede una certa costanza altrimenti si può solo averne una conoscenza frammentaria.<br /> Circa vent’anni fa, con il rammarico dei miei soci, ho deciso che avrei anche potuto terminare la mia esperienza lavorativa in azienda e dedicarmi finalmente alle mie passioni, che oltre all’Egitto sono la Formula Uno, il mondo nautico oltre alla musica. Mi sono messo a studiare approfonditamente, ho cominciato a frequentare il Museo e la sua biblioteca, e naturalmente molte persone che si occupavano seriamente dello studi dell’Antico Egitto; ad un certo punto ho deciso di scrivere un libro “Horemheb, talento fortuna e saggezza di un re”. Il libro però non è stato subito pubblicato, nonostante le promesse fattami da un amico. Così mi ripresi il manoscritto e mi consultai con Silvio Curto, il quale mi disse: ” …vada all’Ananke” e qui Alfredo Luvino, che all’epoca lavorava ancora qui prese in seria considerazione il mio scritto.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>Aspetta un momento Elio, poco fa hai citato Silvio Curto come se fosse una persona qualsiasi, forse è il caso di fare un discorso più approfondito sulla sua figura, sull’importanza che ha avuto e che ha per l’egittologia non solo italiana.</strong><br /> Certamente il prof. Curto è una persona eccezionale, una delle persone più “a modo” che ho conosciuto, e non mi riferisco solo all’egittologo ma all’uomo Curto. La fortuna ha voluto che gli entrassi in simpatia, ma è una cosa che risale a prima del libro su Horemheb, in quanto mi vedeva frequentare la biblioteca del Museo, l’ACME e ci si vedeva anche con le rispettive consorti, insomma un bel rapporto sotto tutti gli aspetti. Ogni tanto capitava che mi dicesse : ”… senta ing. Moschetti, mi servirebbero delle foto delle mummie di Sethi I e Ramesse II, scommetto che lei le ha…”; allora le cercavo, gliele portavo e lui le pubblicava scrivendo: “… dall’archivio dell’ing. Moschetti”, per Curto quindi indirizzarmi all’Ananke fu una cosa naturale, e quando venni qui a parlare con Luvino lo trovai subito molto disponibile e propositivo, anche lui d’altra parte nutre una grande ammirazione e gratitudine per il professore. Naturalmente il mio amore per l’Egitto è poi aumentato in seguito ai numerosi viaggi in quella terra..</p> <p style="text-align: justify;"><strong>Ecco, nelle note biografiche che si trovano nei tuoi libri ti descrivi come studioso e viaggiatore, questo è molto bello, poiché al giorno d’oggi molti fanno i turisti, ma pochi si definiscono ancora viaggiatori.</strong><br /> Si, la trovo molto bella anche se a onor del vero è stata una idea di Luvino.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>Passiamo ora la parola a Franco Brussino. Cosa possiamo dire di te, forse che sei un grande filologo? (io lo chiamo il Gardiner di Torino e lui ogni folta sorride e si schernisce!) Ho un simpatico aneddoto che mi ricorda uno dei nostri primi incontri, ti avevo chiesto se potevi procurarmi, in geroglifico, qualcuno dei titoli onorifici di Sennefer, l’occupante della famosa tomba con il soffitto irregolare decorato come fosse un vigneto, e tu me li hai elencati praticamente tutti, una sequenza che non finiva più.</strong><br /> Eh, ma era un personaggio importante, quello che potremmo definire il sindaco di Tebe, ne aveva un mucchio di titoli onorifici.<br /> Per quanto riguarda il mio approccio all’egittologia è stato quello classico del ragazzino delle Scuole Medie che visita il Museo e ne resta incuriosito, ho cominciato a prendere appunti sulle statue, poi un giorno annoto il nome della statua di Amenhotep II. Vado a casa, consulto l’enciclopedia e cerco le corrispondenze dei nomi nelle cronologie. Trovo naturalmente Ramses o Ramesse o Ramsete piccole variazioni nei nomi ma chiaramente il personaggio era sempre quello, ma questo Amenhotep non corrispondeva, trovavo solo il nome di Amenofis che era così presentato: “faraone guerriero che portò i confini dell’Egitto fino all’Eufrate”, anche le date erano diverse da quelle riportate nel Museo, allora pensai che fossero due personaggi distinti. In seguito, parlando con amici che avevano conoscenze superiori alle mie, mi venne spiegato che le date che identificano il periodo di regno di un sovrano erano, e sono tuttora. molto diverse tra studioso e studioso, ma per quanto riguarda il nome, dipendeva solo dalla differenza di trascrizione. E questo l’ho anche scritto nella prefazione del libro che ho scritto proprio su Amenofi II che la Ananke ha pubblicato recentemente. Tutto questo mondo iniziò naturalmente ad avvincermi.<br /> Nel frattempo avevo comprato un libro che si intitola “l’Egitto dei Faraoni” di Federico Arboreo Mella e non solo l’ho letto, ma l’ho studiato approfonditamente. Su questo testo ho imparato che le piramidi appartengono all’epoca dell’Antico Regno, perché bisogna dire che molta gente lega la costruzione delle piramidi a tutta la storia dell’antico Egitto; qualcuno a volte chiede dov’è la piramide di Ramesse II, poiché data la sua importanza, secondo molti, doveva avere per forza una piramide propria!<br /> Grazie a quel libro ho razionalizzato la mia conoscenza dell’Antico Egitto. Poi ho fatto il primo viaggio in Egitto, nel 1980, e quello è stato l’evento che, come penso a tutti noi, ha spalancato la porta su quella civiltà, è ancora oggi un ricordo indelebile.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>Allora scusami ma in questo ti ho preceduto, io ci sono stato per la prima volta nel 1972, e oltre a poter visitare liberamente tutti i siti, non c’erano nemmeno ancora le crociere sul Nilo; a Luxor si alloggiava solo al New Winter Palace e ad Aswan al Cataract.</strong><br /> E’ vero, ma dal 1972 al 1980 non è cambiato poi molto, il grande cambiamento è cominciato verso la fine degli anni ’80 e poi naturalmente con l’avvento di Zahi Hawass!<br /> Ma torniamo all’80, dopo questo viaggio un amico mi ha fatto conoscere l’ACME e da quel momento ho cominciato a frequentare questa associazione arricchendo le mie conoscenze.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>Veniamo a Gian Luca Franchino. Anche tu presumibilmente avrai iniziato la tua avventura egittologia con una visita al Museo.</strong><br /> Per quanto scontato possa sembrare il mio amore nasce da bambino, ovviamente in maniera superficiale, colpito soprattutto dagli aspetti eclatanti di questo popolo. Ho avuto poi la fortuna di fare il mio primo viaggio in Egitto nel 1989 con Mario Tosi, e lì ho cominciato a prendere coscienza di cosa è questo paese, ma nello stesso tempo anche se non ero andato completamente privo di nozioni, mi sono reso conto che mi mancavano il 99% delle conoscenze su questa civiltà.<br /> Così ho cominciato ad approfondire la parte storica, poi la scrittura almeno nelle sue linee essenziali, da poter capire almeno le iscrizioni maggiormente stereotipate; sono naturalmente aumentate le visite al Museo, indirizzando l’attenzione più verso alcuni reperti rispetto ai periodi storici, e nel frattempo il legame con Mario Tosi si è rafforzato e conseguentemente sono aumentate le sue richieste di collaborazione, ad esempio mi chiese di rivedere la traduzione delle iscrizioni che si trovano su 4 vasi canopi, conservati a Trieste, sulle quali aveva qualche dubbio, nel senso che secondo lui la traduzione che si trovava su un catalogo non era pertinente. Dopo questa prima collaborazione mi ha chiesto di aiutarlo nella stesura del primo volume del “Dizionario Enciclopedico delle divinità dell’Antico Egitto”,e poi di inserire al termine sul libro dedicato ad Amenhotep III e Akhenaton un capitolo sulla tomba kv 55 che era stato oggetto di una mia conferenza che avevo tenuto per il Gruppo Archeologico Torinese<br /> Da quel momento conosco Carlo e quindi inizia la mia collaborazione con l’Ananke che, colpevolmente, prima non conoscevo. Carlo poi mi ha chiesto se me la sentivo di scrivere un libro mio, e a quel punto ho visto la possibilità di realizzare un desiderio che ho sempre avuto e che non ho mai avuto il coraggio di confessare, e cioè avere la possibilità di comunicare agli altri la passione per una determinata materia, ed è questa la molla che mi ha spinto, non mi interessa la volontà di fare accademia.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>In riferimento a quest’ultima osservazione vorrei chiedere la vostra opinione riguardo a quella che può essere solo una mia sensazione: gli egittologi, gli accademici tanto per intenderci, sono molto gelosi dei loro saperi e con difficoltà ti esternano le loro conoscenze; gli egittofili, cioè i semplici appassionati di egittologia che non hanno titoli accademici, e si dedicano all’Egitto per pura passione, sono invece apertissimi al confronto, solidali tra loro quando si tratta di risolvere un quesito o approfondire un aspetto. Io tutte le volte che ho chiesto aiuto o consiglio mi sono sempre sentito strettamente legato al mio interlocutore che in tutti i modi cercava di aiutarmi, spesso non è accaduto con i professori che quasi ti guardano con tenerezza se parli del loro mondo. </strong><br /> Brussino: hai colto in pieno il bersaglio, tra noi c’è grande collaborazione, gli egittologi tra loro non sono così, Tosi a parte, Ti guardano con l’atteggiamento di quelli che si trovano di fronte una persona che capisce poco <br /> Interviene Ruo Redda: La prima considerazione da fare è la seguente: se guardiamo qualunque altro ambito accademico o archeologico, pensiamo ai Greci, agli Etruschi, ai Romani, non troveremo mai un confronto così intenso fra lo studioso e l’appassionato, è una cosa che succede solo nell’egittologia. Addirittura il problema tipico della cultura scolastica italiana è stato proprio quello che gli egittofili sono andati ben oltre il lavoro degli egittologi, perché uno mira a conservare la poltrona, l’altro lo fa per passione. Questo crea un grande problema, accentuato nel periodo contemporaneo, per il fatto che l’Università non ha fondi, quindi è ovvio che tra i vari atenei si creino delle conflittualità, perché ognuno cerca di tenersi il suo orticello. Se Tizio scava, i soldi non li danno a Caio, se li danno a Caio li tolgono a Sempronio, e così via.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>Siamo andati un po’ in profondità,ma d’altronde noi amiamo scendere negli ipogei, torniamo su argomenti più “superficiali”. Qual è il luogo che vi ha colpito di più la prima volta che siete stati in Egitto, oppure qual è il sito che vorreste vedere e che per qualche motivo non siete ancora riusciti a visitare? Io ad esempio quando vado nella Valle delle Regine cerco di non guardare l’ingresso della tomba di Nefertari, e mi fa male sapere che se potessi pagare una forte somma potrei entrare. E per ultimo, qual è il luogo che visitandolo lo trovate profondamente cambiato rispetto alle vostre prime visite?</strong><br /> Moschetti: io rimpiango il periodo che va fino al 2000 in cui come “free lance” si riusciva ad andare dappertutto con un semplice taxi e si riuscivano ad aprire i siti più incredibili con un semplice bakhsish, senza per altro nuocere ai monumenti. Dopo il tristemente famoso attentato del 1997 a Luxor, chi si avventurava in Egitto era veramente libero di visitare tutto quello che desiderava. Sono Riuscito ad entrare nella Tomba Sud del complesso di Saqqara, siamo scesi sotto la Piramide di Djoser. Ricordo volentieri quando abbiamo fatto tutto il tour del Lago Nasser, con una camionetta a trazione posteriore e un autista che parlava solo arabo. Quelli erano davvero momenti bellissimi.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>E tu Franco? Quale luogo ti dà più emozioni o vorresti vedere ma non ci riesci?</strong><br /> Nel mio primo viaggio sono rimasto colpito dalle Piramidi, dalla Valle dei Re, e già allora visitai la tomba di Amenhotep II mai più immaginando che sarebbe diventato poi il protagonista di un mio libro! Le stesse guide egiziane spesso come dire, stentavano, a descrivere con esattezza certi luoghi! Incredibile ma vero!<br /> Ecco, mi piacerebbe vedere la tomba di Amenhotep III, nella quale non sono mai entrato,e mi piacerebbe entrare nella stanza 17 del tempio di Karnak dove è custodita una statua (guarda caso) di Amenhotep II. E poi vorrei visitare le tombe chiuse di Deir el Medina, soprattutto quelle di Ipuy, di Arinefer che è quella dove si vede rappresentata l’ombra del defunto, che è uno degli elementi essenziali dell’uomo secondo le credenze degli antichi Egizi, e poi la tomba di Nebamon.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>Chiediamo anche a Gian Luca Franchino quale luogo predilige.</strong><br /> Ci sono molti luoghi a cui sono legato, però ho avuto la fortuna di poter visitare il tempio di Karnak lungo tutto il suo asse nord-sud, riuscendo anche ad accedere alla zona del recinto di Mut.<br /> Oggi vedere il piazzale antistante il tempio così come lo hanno realizzato fa un certo effetto, è stato spianato tutto quello che c’era davanti, sparite le case delle missioni! Nulla è come prima.</p> <p style="text-align: justify;"><strong>E’ vero, io sono stato pochi giorni fa a Luxor, e anche Mirko, ad agosto, ha potuto vedere che gran parte del villaggio di El Qurna non esiste più, non c’è più la caffetteria di Sennefer dove era quasi un obbligo bere un buon the alla menta, fa veramente uno strano effetto non vedere più quelle case colorate.<br /> Ma torniamo a noi, vorrei concludere questo nostro incontro parlando delle vostre ultime pubblicazioni e di eventuali progetti futuri</strong><br /> Elio Moschetti: Io non ho progetti e in questo momento penso di aver terminato il mio discorso editoriale, l’ultima fatica che ho fatto è stata quella di scrivere, per la collana dei quaderni di Egittologia della Ananke, i libretti su Akhenaton, sulla Valle dei Re e sulla Valle delle Regine. Poi non si può conoscere il futuro, ma al momento non ho altri lavori all’orizzonte.<br /> Io sono all’esordio, dice Franco Brussino, ho impiegato molto tempo per scrivere il libro su Amenhotep II, le sue radici sono molto lontane, risalgono a quei primi viaggi di cui raccontavo prima. Per quanto riguarda i lavori futuri posso dire che sto preparando qualcosa che riguarda Ramesse I e Sethi I, anche perché non ci sono molti testi approfonditi in italiano su questi sovrani.<br /> <br /> <strong>Rivolgendoci invece all’editore Carlo Ruo Redda chiediamo quali sono i libri che gli hanno dato più soddisfazione, e non solo dal punto di vista economico. Testi che hanno dato la consapevolezza di aver fatto qualcosa di importante per gli appassionati di Egittologia.</strong><br /> Sicuramente il libro che ci ha permesso di fare un salto di qualità è il “corso di Egiziano geroglifico” perché è vero, pubblichiamo oramai da 15 anni con oltre 400 libri, però quel tomo ha rappresentato per Ananke una svolta, siamo passati dall’essere una casa editrice “da dilettanti per dilettanti” a cercare di realizzare un qualcosa di molto vicino alle pubblicazioni cosiddette erudite e per pochi con la differenza che i nostri testi sono facilmente fruibili in tutte le librerie e questo converrai che è un grande motivo di soddisfazione. La nostra è l’unica grammatica della lingua egizia in italiano attualmente in circolazione. Ed è il libro che ci ha permesso di ampliare i nostri orizzonti oltre il Piemonte. Un altro libro che ha dato grandi soddisfazioni è “Impariamo i geroglifici?”,che ho scritto insieme a Gian Luca Franchino, e che oltre al fatto di aver avuto un notevole successo editoriale risponde al grande desiderio di diffondere l’egittologia fra i ragazzi. I ragazzi amano molto l’Egitto, come è successo a voi anni, anzi lustri fa, con questo progetto vorremmo venire incontro alle esigenze dei giovani lettori.</p> <p style="text-align: justify;"><em><strong>Sandro Trucco con la collaborazione di Mirko Balocco</strong></em><br /> &#160;</p>

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